Presbiterio

Di: Matteo Ragonisi
Anno: Tele: dal XVII al XX secolo

Descrizione

Nella zona presbiterale - introdotta da un grande arco sopra il quale un cartiglio con scrittura latina richiama la Vergine Maria prefigurata dal profeta Isaia, «Gloria libani data est ei decor Carmeli et Saron» (Is, 35,2) [tr. «Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron»] - è possibile, invece, osservare diverse tele.
Partendo da sinistra troviamo in senso orario il dipinto con la Vergine Maria del Monte Carmelo che appare a San Simone Stock. La tela, datata 1728 e dipinta dal pittore acese Matteo Ragonisi, ricorda l’apparizione della Vergine Maria, avvenuta il 16 luglio del 1251, al carmelitano inglese Simone Stock. La Vergine Maria è rappresentata avvolta in un drappeggiato manto blu con in braccio un assai luminoso Gesù Bambino che consegna lo scapolare al beato Simone Stock, genuflesso ai suoi piedi. Nella parte sinistra, con lo sguardo estatico in piena adorazione della Vergine, sono ritratti i santi carmelitani e dottori della chiesa san Giovanni della Croce, rappresentato con un libro in mano, e santa Teresa d’Avila, due santi carmelitani e dottori della chiesa. Nella parte inferiore a sinistra si nota il profeta Elia, primo abitatore, secondo la tradizione biblica del Monte Carmelo, luogo dove sconfisse alcuni profeti di Baal, (1 Re 18,17-40), che qui è rappresentato con una lunga barba mentre guarda devotamente, portandosi la mano al petto, la scena. Uno stuolo di angeli in festa conferisce alla rappresentazione pittorica un’atmosfera paradisiaca e che rimanda all’infinito rappresentato dalla intensa luce dorata.
Accanto è stata collocata la tela della Natività. L’opera, dipinta dal pittore acese Francesco Contarino nel 1993, rappresenta la natività di Gesù. Al centro figura la Madonna che tiene Gesù in braccio, seduta su una panca e ritratta col classico manto color blu. Dietro di lei vi è san Giuseppe che porta la mano sinistra al petto e con l’altra tiene il vincastro. Sul lato sinistro sono rappresentati il bue e l’asinello, mentre sulla destra figurano quattro pastori ritratti in atto di adorazione di Gesù Bambino. Fra essi si può osservare il volto dell’ex arciprete Orazio Barbarino. Inoltre, in primo piano è dipinta una capretta di cui è riprodotta con estrema perizia anche l’ombra.
Al centro, sull’altare marmoreo, all’interno di un tronetto ligneo è collocato il dipinto della Vergine del Monte Carmelo di ignoto autore del XVIII secolo. La Vergine seduta su un trono, con in braccio il piccolo Gesù Bambino, sorregge con la mano sinistra l’abitino carmelitano. Gesù, rappresentato mentre si copre il capo col manto della madre, appoggia sulla mano della Vergine un grappolo d’uva, simbolo del sacrificio eucaristico.
Sulla destra è visibile la tela con la Morte di San Giuseppe del pittore platanese Antonino Bonaccorsi, che rappresentata San Giuseppe mentre sta per morire. Accanto al letto è presente Maria che lo guarda amorevolmente e Gesù che pare benedirlo. Assai suggestivo è inoltre quel fascio di luce che dall’alto illumina il volto di san Giuseppe, come per enfatizzare il suo trapasso dal mondo umano al Paradiso. Nella parte superiore della tela sono presenti numerosi angeli che assistono alla scena.
Infine, si può ammirare la tela settecentesca con l’Estasi di San Filippo Neri, attribuita da alcuni studiosi al pittore acese Venerando Costanzo. Essa rappresenta l’apparizione della Vergine con in braccio Gesù Bambino a san Filippo Neri, fondatore dei Padri Filippini, durante la celebrazione di una Santa Messa. La scena si svolge all’interno di una chiesa come sottolineato dal drappo verde e dalla presenza di alcuni brani architettonici. Il santo, ritratto con la mano sinistra al petto, è, infatti, rappresentato con indosso i paramenti sacri, mentre si genuflette dinnanzi alla Vergine e a Gesù che sostiene un giglio bianco, simbolo di purezza. Fra i numerosi angeli che assistono alla scena ne emergono due sul lato destro: uno che indica col dito una pagina della Bibbia scritta in latino, precisamente una parte del Salmo 118 v. 32 «Viam mandotorum tuorum curram quia dilatasti cor meum» [tr. «Corro sulla via dei tuoi comandi, perché hai dilatato il mio cuore»], e l’altro che gioca con il cappello cardinalizio rifiutato dal santo fiorentino.
 


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