Chiesa della Nunziatella

Località: Nunziata di Mascali
Tempo visita: 30 min

Descrizione

Storia della fabbrica

Il territorio di Nunziata di Mascali, reso fertile dalla presenza di numerose sorgenti d’acque ed attraversato in età romana dalla via Valeria che univa Messina con Siracusa, sin dall’antichità fu popolato da molte civiltà come dimostrano i numerosi ritrovamenti archeologici di epoca ellenistica (tombe di tipo a cassa, coperte da grandi tegole disposte a spiovente, con corredo di unguentari), di epoca  romana (parte di un pavimento a mosaico a tessere bianche e nere con figure mitologiche appartenenti ad una villa rustica) e di epoca bizantina (una vasta necropoli con una fornace per la produzione di tegole).

Nel 535 d.C. il generale Belisario, al servizio di Giustiniano I, sbarcato a Catania in breve tempo conquistò l’intera Sicilia che entrò a far parte dell’Impero d’Oriente.  L’isola, già di lingua greca, fu controllata dalla corte di Costantinopoli e per un breve periodo divenne la capitale dell’Impero fino a quando, nel 663 d.C., l’imperatore Costante II si trasferì a Siracusa. Il processo di bizantinizzazione dell’isola, culminò nel 751 d.C. quando le diocesi siciliane vennero sottratte alla giurisdizione ecclesiastica di Roma ed annesse al patriarcato di Roma. Contemporaneamente, numerosi monaci lasciarono l’Oriente per sfuggire alle invasioni persiane e si stabilirono alle pendici del vulcano          Etna, che esercitava un fortissimo potere di attrazione sia per i boschi selvaggi adatti alla vita eremitica, sia per il significato simbolico del fuoco della lava che rimandava alla presenza del demonio da combattere con la preghiera.

L’esistenza di un monastero, forse ancora di culto latino, è testimoniata dalla lettera inviata nel 593 d.C. da san Gregorio Magno a Secondino, vescovo di Taormina, nella cui diocesi rientrava Mascali. Il papa ordinava di far rimuovere il fonte battesimale dal monastero di S. Andrea, “quod est super Maschalas”, e di edificare, in suo luogo, un altare per la celebrazione dei divini misteri, in particolar modo dell’Eucaristia. La madre di papa Gregorio, santa Silvia, possedeva in Sicilia, ed anche sull’Etna, numerosi latifondi dove fece costruire diversi monasteri.

Solo con l’arrivo dei Normanni, nel XI secolo d.C. si tornerà gradualmente alla latinizzazione della Sicilia decretando la fine del monachesimo bizantino.

Nel 1124 Ruggero il Normanno, liberata l’isola dagli Arabi, fece dono del territorio di Mascali al Vescovo di Catania, il benedettino Ansgerio, che ne divenne signore feudale, mentre dal punto di vista ecclesiastico, Mascali, fu inclusa nella diocesi di Messina e ne fece parte fino al 1872 quando venne creata la diocesi di Acireale.

In tale contesto sorge la chiesa medievale dedicata a Santa Maria Annunziata, conosciuta volgarmente come la “Nunziatella”. Documenti conservati presso l’archivio del capitolo della cattedrale di Catania attestano già alla fine del XIV secolo, l’esistenza del Priorato della “Santissima Maria Annunciata” a Mascali.

In origine il priorato dipendeva dal Capitolo della Cattedrale di Catania formato dai monaci benedettini dell’abbazia di Sant’Agata, ed era un beneficio “sine cura” ovvero senza obbligo di uffizi e di cura spirituali dei fedeli. I priori furono nominati tra i monaci benedettini fino al XVI secolo quando, il vescovo Nicola Maria Caracciolo trasformò, a causa dello stato di decadenza in cui versava, il capitolo della Cattedrale di Catania da regolare a secolare. In questo periodo il priorato venne conteso dalla Cattedrale di Messina, al quale competeva la cura spirituale degli abitanti del territorio di Mascali.

Nel 1614, durante il regno di Filippo III, il priorato della SS. Annunziata fu concesso all’arcivescovo di Messina con il diritto di eleggere il priore ed amministrarne il patrimonio costituito da alcuni appezzamenti di terreno, in parte boscosi, in parte coltivati e in parte edificati. Dal 1762 il priorato sarà assegnato al Capitolo della Cattedrale di Messina che lo amministrerà tramite l’arciprete di Mascali. Nel 1862 il parroco di Mascali, l’arciprete Don Vincenzo Gangemi, promosse diversi lavori di ampliamento come l’innalzamento della copertura, la realizzazione del prospetto con il campanile e la decorazione a stucchi dell’interno, i quali fecero assumere alla chiesa l’attuale aspetto tardo ottocentesco. Negli anni ’90 l’edificio passò definitivamente alla Diocesi di Acireale.

Agli inizi degli anni ’30, Enzo Maganuco, docente di Storia dell’Arte presso l’Ateneo di Messina, durante una ricognizione dei beni risparmiati dall’eruzione del 1928 che aveva sepolto Mascali, scoprì l’esistenza di un piccolo frammento di affresco nella zona absidale dell’edificio intuendo la presenza di un più ampio ciclo di pitture nascoste sotto la pesante scialbatura.

I successivi interventi di restauro e di scavo archeologico, ad opera della Soprintendenza di Catania, iniziati nel lontano 1985 e conclusisi nel 2013, hanno permesso la riapertura della chiesa medievale al culto, la fruizione di un pregevole ciclo di pitture medievali e soprattutto la scoperta di una basilica paleocristiana nel terreno adiacente, che rappresenta una delle più antiche testimonianze del cristianesimo in Sicilia.

La chiesa medievale

 

L’edificio medievale, il cui primo impianto è di epoca normanna, si presenta all’esterno come una modesta costruzione tardo ottocentesca. Il semplice prospetto presenta un portone d’ingresso, una finestra sovrastante ed il campanile a vela con due volute raccordanti. L’interno è a navata unica con il corpo absidale orientato ad ovest. La pavimentazione interna, allo stato attuale più bassa rispetto al livello stradale, è costituita da lastroni in pietra lavica originali per oltre metà della lunghezza della chiesa e risalenti al XVI secolo. La copertura con volta a botte, interamente restaurata, sostituisce l’originaria copertura completamente crollata e riproduce l’aspetto neoclassico dell’edificio.

I saggi di scavo e gli interventi di restauro volti alla ricerca delle strutture più antiche hanno comportato l’eliminazione dell’altare, dietro il quale si celava il dipinto absidale della cantoria e di tutto l’apparato decorativo ottocentesco. Di conseguenza sono emerse le tracce dei numerosi interventi subiti dall’edificio nel corso dei secoli ed attestati dalla presenza di tecniche murarie diverse, di aperture successivamente   tamponate e di numerosi strati di pavimento.

Secondo studi recenti l’edificio più antico (XI-XII secolo d.C.) avrebbe avuto tre navate con una altezza ed una lunghezza ridotta rispetto a quella attuale, come testimoniato da due filari di pietre angolari adesso inglobate specularmente nelle pareti laterali a circa metà dell’edificio. Anche la muratura essendo costituita da grossi conci di pietra, alcuni dei quali squadrati alternati a strati di elementi in cotto, si differenzia da quella della parte alta e finale della chiesa. Nella zona presbiteriale è stato rinvenuto un recinto quadrato di circa 6m x 6m., oggi coperto, sotto le strutture realizzate durante il restauro; esso non costituiva un vano chiuso ma era la base di un’area rialzata rispetto al piano di calpestio circostante.

Successivamente (XIII-XV secolo d.C.) la chiesa venne allungata, come testimoniato dalla diversa tecnica muraria, con piccole pietre assieme a frammenti di cotto ed una maggiore quantità di malta che caratterizza la parte terminale dell’edificio vicino la porta di ingresso.

Nella seconda metà dell’Ottocento fu innalzata l’altezza della chiesa con l’inserimento delle finestre, tre per ciascun lato delle pareti lunghe, inoltre venne realizzato l’attuale prospetto addossato ad uno precedente con il campanile e la decorazione interna a stucchi di stile neoclassico.

Anche il piano di calpestio novecentesco dell’interno è stato rimosso e sono stati ritrovati diversi strati di pavimentazione sino a quella attualmente visibile costituita da blocchi di pietra lavica; al di sotto esiste un ulteriore e più antico pavimento in coccio pesto.

Durante i lavori di scavo all’interno della chiesa sono stati rinvenuti, nella zona compresa tra l’abside ed il recinto antistante di forma quadrata, tre sepolture di donne rispettivamente di 40, 18 e 10 anni. Collocate in posizione supina e con la testa rivolta verso l’abside, dovevano appartenere all’ambiente monastico o a qualche famiglia che si era distinta per meriti nei confronti della comunità. Le analisi al radiocarbonio operate sugli scheletri, hanno collocato la morte in un arco temporale compreso tra il 1210 ed il 1380. Pregevole il recupero di un anello bizantino con stella di Davide.

La chiesa conserva al suo interno diverse opere d’arte, testimonianze della vita secolare dell’edificio.

Testi: Leonardo Vaccaro




Le opere principali

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