Monte Etna

Località: Linguaglossa

Descrizione

La città di Acireale sorge sulla Timpa, palcoscenico naturale “opera” dell’Etna, vulcano che da sempre ha caratterizzato il paesaggio e che ha impresso un’impronta originale all’economia, alla storia, all’architettura di tutta l’area in cui si estende.

L’Etna, con la sua maestosa bellezza e la sua misteriosa potenza non solo è stata cantata da poeti come Pintaro, Omero, Virgilio, Orazio e Ovidio ma ha ispirato presso gli antichi, numerosi miti e leggende. Nell’antica Trinacria, terra di fuoco e di frumento, fu Etna, dea greca che ha dato il nome al vulcano, a fare da arbitro nella disputa tra Efesto, dio del fuoco e Demetra dea delle messi ed era proprio Efesto, che nella sua fucina sotto l’Etna, costruiva le armi degli dei, aiutato dai Ciclopi che foggiavano le saette di Zeus. Sempre secondo la mitologia greca, a provocare le eruzioni del vulcano era l’ira del gigante Tifone, che Zeus aveva confinato all’interno dell’Etna.
Il nome Etna, più verosimilmente deriverebbe dal verbo greco aitho che significa bruciare quindi montagna che brucia.

Mongibello è l’altro nome con cui è conosciuto il vulcano. Il nome, che non significa monte bello, è dato dalla fusione del termine latino mons e da quello arabo gibel (montagna). Gli arabi, durante la loro dominazione in Sicilia, erano soliti chiamare il vulcano gibel cioè la montagna per eccellenza. Gli abitanti del luogo, che chiamavano il vulcano mons, presero l’abitudine di chiamarlo anche gibel. Da qui il mone Mongibello che ormai però è caduto in disuso. Le popolazioni etnee oggi chiamano il vulcano a muntagna, come segno di riverenza e di gratitudine per quello che da sempre esso dona.

L’Etna, il vulcano più alto d’Europa e tra i più attivi del mondo, si è formato nel corso dei millenni, grazie ad un processo di costruzione e distruzione iniziato nel Quaternario. Sorse dal mare nel primordiale golfo pre-etneo nel punto d’incontro tra la zolla euro-asiatica e quella africana. L’enorme attrito tra le due zolle favorì le prime eruzioni sottomarine determinando nel tempo la formazione dell’intero edificio vulcanico che si è innalzato sopra il livello del mare.

L’Etna, che appare sempre sovrastato da un pennacchio di fumo, a periodi anche abbastanza ravvicinati entra in eruzione. Anche se a volte presenta una spettacolare attività esplosiva di tipo stromboliano, le sue eruzioni sono prevalentemente di tipo effusivo con colate di lava che scorrono lungo i suoi fianchi. In passato alcune colate si sono spinte fino a quote molto basse provocando gravi danni materiali ma raramente hanno rappresentato un pericolo per le vite umane.

La prima eruzione catastrofica di cui si ha notizia, menzionata anche da Tucidide, avvenne nel 737 a.C. Nel 693 a. C. si ebbe l’eruzione detta “Colata dei fratelli pii” a cui si ispirò Virgilio nell’episodio dell’Eneide del salvataggio del padre cieco da parte di Enea. L’eruzione del 252 arrivò fino a Catania e la tradizione vuole che sia stato il velo di sant’Agata a fermare la colata lavica. L’eruzione più lunga, a memoria storica, è quella del 1614 che durò dieci anni mentre nel 1669 avvenne quella più distruttiva mai conosciuta che raggiunse Catania circondando castel Ursino. L’eruzione, annunciata da un fortissimo boato, distrusse Nicolosi e danneggiò Trecastagni, Pedara, Mascalucia e Gravina. Il 14 dicembre 1983 ebbe inizio l’eruzione più lunga del XX secolo che minacciò Zafferana Etnea. In questa occasione fu messa in opera una strategia di contenimento per proteggere il centro abitato.

Il territorio del vulcano è caratterizzato da paesaggi notevolmente diversi per morfologia e tipologia. Coltivato e fortemente urbanizzato il versante di sud-est, dominato dalle sciare quello di ovest, poco urbanizzato e ricoperto da boschi quello di nord.
Per salvaguardare la ricca varietà di paesaggi, spesso di impareggiabile bellezza, nel 1987 è stato istituito il Parco dell’Etna, un’area naturale protetta dalla Regione Siciliana. Nella parte sommitale del vulcano non esistono tracce di vegetazione ma già verso i 2400 metri incominciano ad apparire la saponaria e l’astragalo siciliano, mentre intorno ai 2000 metri sono presenti il pino laricato, la betulla, il faggio e più in basso il castagno e l’ulivo. A caratterizzare il paesaggio dell’Etna è la ginestra che con il suo colore giallo spicca nel nero della sciara. Nelle zone collinari si incontrano i vigneti di Nerello dai quali si produce il vino DOC, Etna. Rinomatissima è la produzione dei pistacchi di Bronte, delle fragole di Maletto, delle pesche tabacchiere, delle noci, delle nocciole e del miele. La vicinanza della costa ionica ha creato un microclima che ha permesso la nascita di una particolar varietà di ciliegia: la rossa dell’Etna.

Fino a circa un secolo e mezzo fa sul vulcano vivevano lupi, cinghiali, daini e caprioli ma il disboscamento selvaggio e l’esercizio della caccia hanno causato l’estinzione di queste specie. Oggi sull’Etna vivono mammiferi di piccola taglia come l’istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, la donnola, la lepre, il quercino, il ghiro, il falco pellegrino, pochi esemplari di aquila reale e la vipera.
L’Etna spesso viene soprannominato il gigante buono sia per la sua scarsa pericolosità ma anche per la generosità con cui elargisce i suoi doni. Oltre ad un paesaggio unico al mondo, ai prodotti d’eccellenza, al turismo che attira visitatori da tutto il mondo, offre un inesauribile prodotto che i suoi abitanti hanno imparato a lavorare ed a utilizzare: la pietra lavica. Questo prodotto, che ha dato vita ad un particolare di tipo artigianato con manufatti anche di grande valore artistico, spesso rivive, dopo una prima vita di fuoco, in una perpetua vita di bellezza nei monumenti, nei palazzi e nelle chiese delle città etnee.

A giugno 2013, il vulcano è stato dichiarato patrimonio universale dell’Unesco.

Testi: Anna e Maria Coco



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