- Home
- Il territorio
- Acireale
- Chiese
- Chiesa Santa Maria delle Grazie (San Camillo)
- Il ciclo degli affreschi della Madonna
Descrizione
Percorrendo la navata dall’ingresso verso il presbiterio, ed osservando il lato sinistro si può ammirare l’affresco di "Giuditta e Oloferne". Nabucodonosor re degli Assiri, comanda al suo generale Oloferne di sottomettere tutti i popoli che occupano la parte occidentale del suo regno compresi gli ebrei. Giuditta allora si reca nell’accampamento di Oloferne che rimane ammaliato dalla sua bellezza. La donna rimane tre giorni nella tenda del generale, ma il quarto quando l’uomo dorme, con l’aiuto della sua ancella, gli recide il capo. L’affresco realizzato probabilmente da Vito D’Anna su disegno di Pietro Paolo Vasta ritrae il momento in cui Giuditta taglia la testa ad Oloferne. Giuditta è la personificazione della virtù del coraggio che nasce dalla sua incrollabile fede in Dio che le permette di battere colui che si credeva invincibile riuscendo a cambiare le sorti del suo popolo.
Proseguendo lungo il medesimo lato, si trova l’affresco "Betsabea e Salomone" di Pietro Paolo Vasta. Betsabea si reca dal figlio Salomone per intercedere a favore dell’altro figlio Adonia. L‘affresco ritrae il momento in cui Salomone accoglie la madre e le offre il suo trono. Il gesto di questa madre ricorda l’opera di intercessione della Vergine, iniziata nella sua vita terrena in occasione delle nozze di Cana quando intercede presso Gesù a favore degli sposi, ma che continua perennemente a favore dei suoi figli presso Gesù.
Sul lato opposto si può osservare l’affresco "Ester e Assuero" di Pietro Paolo Vasta. Sopravvissuta alla persecuzione del suo popolo ancora giovinetta Ester viene condotta alla corte di re Assuero che, rapito dalla sua bellezza, decide di prenderla in sposa. Ester, conosciuto il giorno in cui dovranno essere sterminati gli ebrei, decide di presentarsi davanti al re per salvare il suo popolo. Quindi, si introduce nelle stanze del re senza il suo consenso e vedendo lo sguardo pieno di ira di Assuero, sviene. L’affresco ritrae il momento in cui perde i sensi ed è sostenuta dalla sua ancella. Ester è una donna vulnerabile, timorosa, sottomessa, ma che con la sua delicatezza d’animo toccando il cuore di Assuero riesce a diventare lo strumento con cui Dio salva il suo popolo.
L’ultima scena raffigura "Abigal e Sisara".
L’esiguo spazio del presbiterio è quasi interamente occupato dall’altare barocco realizzato in marmi policromi e arricchito da verdi colonne tortili ed ornate da tralci di foglie in stucco dorato che, collocate in una posizione avanzata rispetto alla linea di fondo insieme al timpano spezzato, conferiscono movimento all’intera opera. A separare il presbiterio dalla navata, spazio riservato ai fedeli, è una elegante balaustrata barocca in marmi policromi.
Il lato destro del presbiterio è occupato interamente dall’affresco della "Nascita di Maria" di Pietro Paolo Vasta. Il racconto del lieto evento avviene attraverso due distinte scene. In primo piano un gruppo di giovani donne, immagine simbolica delle virtù, si prende cura della neonata. Maria sin dalla sua nascita fu rivestita di ogni virtù. Più indietro sono riconoscibili sant’Anna che da poco ha dato alla luce Maria e san Gioacchino, gli anziani genitori della Vergine. La nascita di Maria si colloca nella tradizione biblica delle maternità tardive e testimonia che Dio come ha fatto con Abramo, mantiene le sue promesse.
Sulla volta della navata, nella prima campata nei pressi della cantoria, si può osservare "La Vergine vince il peccato" di Pietro Paolo Vasta. La scena si svolge nell’alto dei cieli e presenta Dio Padre che con una mano tiene lo scettro, simbolo della sua signoria nei cieli e sulla terra, e con l’altra indica la più bella delle creature, la sola che non ha conosciuto la ruga del peccato. L’affresco, infatti, presenta Maria attraverso l’iconografia dell’Immacolata.
La Vergine appare con le sembianze di una fanciulla con il capo ornato da una aureola di dodici stelle, vestita di bianco, avvolta in un manto azzurro, e ai piedi la falce lunare. A rimarcare la sua vittoria sul peccato è il serpente che distante da lei non osa sfiorarla ma che striscia sul globo terrestre simbolo dell’umanità corrotta dal peccato.
Nelle vele successive sono affrescate l’"Allegoria della Fede" a sinistra, e l’"Allegoria della Carità" a destra.
Nella seconda campata si può osservare l’"Angelo Gabriele è inviato dal Padre" di Pietro Paolo Vasta. L’affresco esce totalmente dai canoni con cui è rappresentato il tema dell’Annunciazione. L’angelo Gabriele che reca in mano il giglio, simbolo della purezza di Maria, si trova al cospetto di Dio Padre che, circondato da una schiera di angeli, siede su una nuvola.
Sulla terza campata di sinistra è rappresentata l’"Allegoria dell’Innocenza". Una giovane donna accarezza un agnello simbolo della mansuetudine. La docilità con cui Maria acconsentì al progetto di Dio nasce dalla grazia, dalla libertà ma soprattutto dalla purezza del suo cuore, sorgente da cui scaturì la grande profezia: «tutte le generazioni mi chiameranno beata».
Sul lato opposto è presente l’"Allegoria della Temperanza".
Conclude il ciclo l’affresco del catino absidale con la "Gloria di Maria" di Pietro Paolo Vasta. Alla fine della sua vita terrena, assunta in anima e corpo al cielo, l’umile fanciulla di Nazareth viene esaltata da Dio e incoronata regina perché si è abbassata a serva del Signore (cfr Lc 1,38.48). Nell’affresco l’evento è raccontato attraverso uno schema piramidale alla base del quale si trova Maria che riceve la corona dal Figlio ritratto nella gloria della resurrezione. La composizione è completata con la rappresentazione della Trinità, Dio Padre che si compiace della sua Creatura e lo Spirito Santo rappresentato sotto forma di colomba. Assistono all’evento schiere di angeli che, creando un’atmosfera festosa, conferiscono maggiore solennità alla scena: i cieli esultano per i meriti di Maria.