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Descrizione
In fondo allo spazio absidale, realizzato in marmo policromo, si trova l’altare maggiore che si presenta sovrastato da un organo a canne. Rifatto nel 1744 dal sacerdote Giovanni Patanè, l’organo presentava un disegno di Pietro Paolo Vasta del 1739, rimosso poi alla fine del ‘800. Sulle pareti laterali è collocato il coro ligneo, risalente al 1803 e riservato al Capitolo dei Canonici. Posta al centro si trova la mensa, che dedicata alla Santissima Trinità e realizzata nel 2006 secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, sostituisce quella precedente. Una balaustrata, realizzata in marmi policromi e ferro battuto, separa la parte riservata ai presbiteri da quella riservata ai fedeli. Lo spazio sovrastante gli stalli dei canonici è occupato dagli affreschi di Pietro Paolo Vasta. Prima del terremoto del 1693, il coro si presentava abbellito dagli affreschi di Baldassare Grasso che andarono distrutti a causa della violenza del sisma. L’intero ciclo di affreschi presenta un carattere narrativo in quanto ripercorre i momenti salienti della vicenda umana di san Sebastiano che si conclude con la sua apoteosi in cielo. Partendo da destra troviamo rappresentato Il Primo martirio di san Sebastiano. L’opera, che presenta un’ambientazione agreste, appare affollata da numerosi personaggi. La scena si sviluppa attorno alla figura del Santo ritratto privo di vesti e con lo sguardo rivolto a degli angeli, simbolo della protezione divina in quanto Sebastiano sopravvive a questo primo martirio. Assiste all’evento una folla di curiosi trattenuta dagli arcieri che devono colpire il condannato. Nel secondo affresco della parete destra è ritratto San Sebastiano soccorso dalle pie donne. Trafitto da numerose frecce, il Santo sopravvive al martirio. Secondo la tradizione quando Irene, vedova del martire Castulo, si recò sul luogo dell’esecuzione per recuperare il corpo, si accorse che Sebastiano respirava ancora. L’affresco ritrae il momento in cui il corpo del Santo viene liberato dalle frecce dalle ancelle di Irene che sgomenta assiste all‘operazione. Il racconto della parabola terrena di Sebastiano continua nella volta del catino absidale con l’affresco Papa Caio accoglie san Sebastiano. Sopravvissuto al martirio il Santo riceve da papa Caio l’investitura di Defensor Fidei come si legge in uno scudo sorretto da un fanciullo che guarda verso lo spettatore. Il primo dei tre cardinali che si trovano nella parte sinistra dell’opera molto probabilmente è l’autoritratto del Vasta. La narrazione continua nell’affresco San Sebastiano incontra l’imperatore. Alla sorpresa dell’imperatore di vedere Sebastiano ancora in vita si contrappone la fierezza con cui il Santo si presenta al suo cospetto. L’imperatore decreta una nuova condanna per Sebastiano che viene eseguita nell’ippodromo del Palatino. L’ultimo affresco, Morte di san Sebastiano, presenta un’impostazione urbana. Sullo sfondo infatti sono riconoscibili il Foro romano, il Pantheon e Castel Sant’Angelo. Attorno al Santo che occupa la parte centrale della scena, si affollano i carnefici pronti a sferrare i colpi di mazza. Mentre un vecchio con in mano un idolo pagano cerca di riportare il Santo al paganesimo, una donna furtivamente sta portando via le sue vesti. Dall’alto giunge un angelo che reca in mano la corona e la palma del martirio segno che ormai è vicina la morte ma anche la gloria eterna di Sebastiano. Conclude il ciclo di affreschi La gloria di san Sebastiano, che trova posto sulla volta del presbiterio. Il Santo che ormai si trova nell’alto dei cieli, si presenta avvolto da un manto rosso e circondato da angeli, due dei quali sorreggono l’elmo, le frecce e la palma, simboli iconografici del martire. In alto, alla sua sinistra si trova Cristo che sorregge sul suo capo la corona della gloria. Alla sua destra si trova la Vergine mentre più in alto sono visibili Dio Padre e lo Spirito Santo. Gruppi di Santi fanno da cornice alla scena. Nella parte inferiore dell’affresco, è ritratto un gruppo di Sante e Martiri, patrone di città siciliane. Accanto a santa Venera, patrona della città di Acireale riconoscibile dall’indice della mano destra rivolta verso l’alto e dal grande libro in cui si legge Predica verbum, si trovano: sant’Agata patrona di Catania, che mostra la ferita al seno, santa Rosalia patrona di Palermo, con il velo monacale ornato di rose e santa Lucia, patrona di Siracusa, che stringe il calice contenente gli occhi.