Descrizione
Storia della fabbrica
L’attuale chiesa di Santa Lucia non è certamente la prima costruita nel territorio in cui si stabilirono i conciatori e lavoratori delle pelli di rito latino, così come suggerisce l’origine del toponimo del primigenio quartiere della Cubisia, contrazione del termine Curbiseria, ovvero abitata dai curviseri (dal francese curvoisier, ciabattino, calzolaio), antica parola siciliana presente anche in un proverbio: “La muggheri di lu curviseri va scausa” cioè “La moglie del calzolaio va scalza”. Una prima chiesa dedicata a santa Lucia è infatti documentata sin dal 1296, quando Federico II d’Aragona l’aggregava al santuario della Madonna di Valverde. Per quanto riguarda, invece, l’attuale chiesa, nel 1634 abbiamo notizie certe dalla visita pastorale fatta da don Francesco Amico, Vicario generale della diocesi di Catania, che testimoniano una chiesa provvista di diversi altari e quindi già nelle dimensioni attuali. Da detto documento si può altresì evincere che esisteva nello stesso sito una vecchia chiesa (la seconda in ordine di costruzione) che era stata demolita e che questa nuova chiesa non era stata del tutto completata, non essendo ancora stata costruita nel 1644 la sacrestia. Si può dunque affermare che la data del 1609, che si trova incisa sulla parasta esterna di nord-ovest, dice solo l’inizio del culto nella nuova chiesa non ancora ultimata. Il terremoto del 1693, però, danneggiò gravemente la chiesa che fu ricostruita nelle forme attuali. Certo è comunque che la chiesa è dichiarata sacramentale da mons. Faraone nel 1571 e il primo libro parrocchiale, esistente in archivio, che contiene insieme sia gli atti di battesimo, sia quelli di matrimonio e morte, è del 1580. La chiesa di Santa Lucia fu elevata a Collegiata il 4 maggio 1730, come si evince dall’atto del notaio Giorgio De Mauro di Acireale e conservato nell’archivio arcivescovile di Catania fra gli allegati dell’istituzione della Collegiata. Tuttavia in atto la Collegiata di Santa Lucia non esiste più.
Prospetto
La chiesa parrocchiale di Aci Santa Lucia si erge maestosa su una scalinata trapezoidale composta da 23 gradini in pietra lavica. Il suo prospetto è ritmato da quattro lesene che riquadrano un solenne portale di pietra lavica riccamente lavorato e composto da due parti (una interna, formata da piedritti con capitello e arco; l’altra, da colonne con la base ornata con motivi fitoformi e con il fusto scanalato) che si sovrappongono e sorreggono una ricca trabeazione aggettante. Sopra quest’ultima si apre una finestra, anch’essa in pietra lavica riccamente lavorata. Il portale ovest presenta lo stesso materiale (ma le colonne sono composte da blocchi cilindrici) e le medesime caratteristiche, a differenza del portale est che, invece, risulta avere un’eleganza più sobria e un taglio più lineare della pietra. C’è chi afferma che quest’ultimo portale possa essere quello principale della chiesa precedente all’attuale. La parte superiore del prospetto crollò a seguito del terremoto del 1693, assieme alla torre campanaria, e venne rifatta quasi un secolo e mezzo dopo, vale a dire nel 1840.
Interno
La chiesa, ad una navata, presenta un tetto a cassettoni lignei opera di Antonio Emanuele, detto Pepe, nel 1757. Detto artista è lo stesso che realizzò i disegni della sagrestia e del coro della chiesa dei Benedettini di Catania. La volta della chiesa di santa Lucia, venne realizzata dall’artista con una decorazione di finti cassettoni formati da due sole tipologie ornamentali, che si alternano componendo un gradevole arabesco. Alle pareti, quattro altari che esprimono tutta la ricchezza e la monumentalità delle forme barocche. Sono delimitati da una coppia di colonne, una tortile impreziosita da racemi, l’altra con base decorata e fusto scanalato. Una ricca trabeazione mistilinea con fregi dorati, che corre lungo tutta la navata, conclude il primo ordine e funge da ricco sostegno a un apparato, con al centro un affresco, accompagnato da un dovizioso corredo decorativo, di cui fanno parte sculture di angeli a tutto tondo dalle ali spiegate, seduti su una forma a spirale, composizioni di fiori in cesti, putti e festoni. Le composizioni si spingono senza soluzioni di continuità fino al soffitto, che ne rappresenta la degna conclusione. L’artista, a cui possono essere fatte risalire queste stupende macchine d’altare, potrebbe essere individuato nello stuccatore catenoto Pietro D’Urso, operante negli anni ‘30 del Settecento, la cui opera è documentata presso la basilica di san Sebastiano per quanto riguarda l’altare del Santissimo Sacramento, che mostra medesime caratteristiche e stilemi similari. Considerevoli, sopra le porte laterali e sul prospetto dell’arco trionfale, gli affreschi realizzati nel 1763 da Giambattista Piparo, che nello stesso periodo realizzò a Catania gli affreschi delle quattro vele della finta cupola della chiesa del monastero di san Placido. Gli affreschi che stanno sopra le porte laterali rappresentano l’Antica e la Nuova Alleanza: sulla porta che guarda ad oriente vi è infatti rappresentato Mosè che presenta ed illustra al popolo le tavole della Legge; sulla porta opposta è rappresentata invece l’Ultima Cena. Gli affreschi che stanno invece sulle lunette dell’arco trionfale presentano dal lato ovest il re Davide provvisto di arpa, e dal lato est il re Salomone che presenta il tempio di Gerusalemme.
Testi: Gaetano Pulvirenti