Descrizione
Storia della fabbrica
L’antica chiesa del borgo Casalotto, originatosi nella medesima contrada intorno al 1169 circa, probabilmente in seguito allo sfollamento degli abitanti di Aci rasa al suolo dal terribile sisma, e primo nucleo di Aci S. Antonio, sorgeva presumibilmente nel sito dell’attuale chiesa Madre e, secondo alcune fonti, esattamente nel luogo in cui attualmente si trova la cappella dedicata al Santo Patrono, in cui è custodito il venerato simulacro. Non si hanno notizie storiche certe, comprovate da documentazione archivistica, circa la data della costruzione della fabbrica, ma secondo tradizioni orali, tramandate nei secoli, si apprende che gli abitanti scelsero proprio il Santo per la vicinanza con la sua esperienza terrena, in quanto la loro vita era scandita dal ritmo della campagna, con la coltivazione della terra e l’allevamento degli animali. La costruzione venne elevata a chiesa sacramentale nel 1566 da mons. Nicolò Caracciolo vescovo di Catania, anche se esisteva già prima, come si può desumere da un decreto del Vicario Generale di Catania, datato 10 gennaio 1563, il quale rilasciava il permesso agli abitanti del borgo di portare in processione il simulacro del Santo Patrono. Dai registri e dalla documentazione archivistica custodita all’interno dell’archivio parrocchiale si può apprendere che il primo matrimonio è stato celebrato in data 8 febbraio 1574 ed il primo battesimo due giorni più tardi e che la chiesa, secondo una delibera del Consiglio dell’Università acese, è stata riedificata nel 1601-1602, dato lo stanziamento di un apposito sussidio. I registri contabili riportano per gli anni seguenti, ed in particolare per il 1619 ed il 1620, ulteriori lavori eseguiti per la fabbrica e per la realizzazione del fonte battesimale. Il terribile e catastrofico sisma del 1693 ha completamente distrutto l’edificio, infatti, dalla documentazione si apprende che, in attesa della costruzione di un nuova chiesa, sulle basi di quella distrutta, presumibilmente ad opera dei mastri Salvatore Amico e Mario Pulvirenti (i cui nomi sono ricorrenti tra le carte conservate), è stata realizzata, molto probabilmente adoperando del legname, una provvisoria chiesa capanna. Sicuramente intorno al 1699 la fabbrica del nuovo edificio di culto si presentava ai fedeli, se non nella sua completezza, almeno in parte ultimata perché proprio in quell’anno è stata apposta una campana, creata dal maestro messinese Giacinto Gullo, grazie alla fusione della vecchia campana. Nel 1702 si colloca la costruzione del cosiddetto cappellone, ossia il coro dell’altare maggiore e nel 1708 viene apposta un’altra campana, creata da Domenico Nicotra: le campane sono state in seguito presumibilmente sostituite, se la campana collocata a nord risale al 1789 e quella a sud al 1797. Ripercorrendo la storia dell’edificio, attraverso la ricostruzione del suo sviluppo diacronico, al 1717 risale un mandato di pagamento all’acese Giovanni Lo Coco per la decorazione pittorica della cappella dedicata a S. Antonio Abate ed al 1721 quello indirizzato ai paternesi Giuseppe e Mario Rizzuto, rispettivamente padre e figlio, per la realizzazione dell’organo. Tra il 1787 ed il 1792 si collocano i lavori per la realizzazione del prospetto.
Il prospetto
Il prospetto è bipartito in ordini architettonici mediante la trabeazione, comprendente architrave, fregio e cornice: i due ordini presentano delle fortissime analogie, sebbene quello superiore disponga di medesimi elementi architettonici, come ad esempio le colonne, ma in numero e dimensioni inferiori. In dettaglio, l’ordine inferiore presenta tre portali d’ingresso di proporzioni differenti, infatti, gli ingressi laterali, rispettivamente a destra ed a sinistra, hanno dimensioni ridotte, che rispecchiano la tripartizione interna in navate. Il portale d’ingresso principale è delimitato da entrambe le parti da sei semicolonne, con fusto liscio e capitelli corinzi, sebbene si riscontrino delle differenze rispetto al canone classico, accordate da un timpano triangolare e da altri due semi timpani interrotti, al di sopra dei quali sono stati collocati due piccoli putti. Il portale d’ingresso è sormontato da una finestra rettangolare, al di sopra della quale si trova una lastra marmorea che reca l’iscrizione: D.O.M. / DIVO ANTONIO ABBATI / PATRONO / CIVES (A Dio ottimo massimo e al patrono Sant’Antonio abate, i cittadini). I due portali laterali sono sormontati da finestre ellittiche e delimitati da altre due colonne che definiscono ulteriormente il prospetto. L’ordine superiore è contraddistinto dalla presenza, in posizione centrale, di una nicchia recante al suo interno la statua di S. Antonio abate su una base rettangolare, delimitata da due paraste e tre semicolonne con i medesimi capitelli dell’ordine inferiore, raccordate da un timpano arcuato. Al di sopra della trabeazione dell’ordine superiore si erge l’esigua torre campanaria che presenta quattro finestre, al di sopra delle quali è collocata una croce realizzata in ferro. In particolare, la finestra che si trova sulla nicchia è contornata da due lesene con medesimo capitello. Dalla documentazione archivistica pervenuta, ed in dettaglio da un’annotazione riportata all’interno dei volumi dei mandati alla data 1789, si apprende che la progettazione del prospetto si deve all’architetto Carmelo Battaglia di Catania e, da altre note, che la pietra bianca con cui è stato realizzato, presumibilmente dai maestri Emanuele de Martinez e Francesco Oliveri, è stata fornita dal catanese Giovanni Platania. La realizzazione del progetto originario si deve ad anni di intensi lavori, protrattisi dal 1787 al 1792, ed ancora nel 1797 con l’apporto del catanese Pietro Maugeri per la stuccatura della statua del Santo e dei putti e nel 1798 con l’opera dei mastri Venerando D’Agata, Alfio Allegra e Raimondo Di Giovanni per la realizzazione della croce, e di Domenico Privitera per la realizzazione dell’iscrizione.
Testi: Anna Coco, Maria Coco, Antonella Agata Di Gregorio