Descrizione
Cronaca di Atanasio
Le fonti che ci forniscono notizie sulla figura di San Filippo Siriaco, sono le Cronache di Eusebio d’Agira vissuto nel V secolo e di Atanasio che i Bollandisti non identificano con Atanasio, vescovo di Alessandria e fermo oppositore dell’Arianesimo ma con un suo omonimo, vissuto circa quattro secoli dopo, nell'VIII secolo. Secondo la Cronaca di Atanasio, Filippo fu un diacono contemporaneo di Pietro inviato ad annunciare la Buona Novella. Egli quindi potrebbe essere uno dei “sette” scelti per servire alle mense (At 6,1-6) e che sceso in una città della Samaria, predicava il Cristo, faceva uscire dagli indemoniati gli spiriti impuri e guariva paralitici e storpi (At 8,5-7) e che una volta ricevuto lo Spirito Santo, fu testimone di Cristo a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, fino ai confini della terra (At 1,8). Sempre dalla Cronaca di Atanasio, sappiamo che Filippo figlio del siriaco Teodosio e di Avesia, entrambi di condizione agiata si recò a Roma salpando dal lido di Cesarea per dividere il pane (comunionem) con i cristiani delle altre chiese della città a fare memoria del sacrificio di Cristo. Durante il viaggio si imbatté in una tempesta e naufragò a Creta. Quando giunse a Roma, già diacono, fu elevato da San Pietro al sacerdozio e inviato in Sicilia con il mandato di esorcizzare, annunciare a quei popoli Gesù, convertire e battezzare. Sbarcato a Messina, percorrendo da nordest la via dell’Etna, giunse ad Agira dove morì dopo quarant’anni di apostolato in Sicilia.
Cronaca di Eusebio
Dalla Cronaca di Eusebio vissuto nel V secolo, riconosciuta dal Martirologio romano, apprendiamo che Filippo, figlio di Teodosio di stirpe siriaca e di Augia, romana di origini nobili, era un presbitero originario della Tracia, regione sud-orientale della penisola balcanica allora provincia romana quando era imperatore romano d’Oriente Arcadio (395-408). Di cultura cristiana e di lingua siriaca, a ventun anni, fu ordinato diacono e quando giunse in Italia, dopo essere stato ordinato presbitero dal Papa, fu mandato ad evangelizzare la Sicilia centro-orientale, dove gli abitanti consideravano l’attività dell’Etna manifestazione del diavolo. Giunto sull’isola si stabilì ad Agira in provincia di Enna dove morì dopo aver svolto un intenso apostolato, compiuto numerosi miracoli e liberato molti indemoniati. La morte lo colse il 12 maggio di un anno che viene collocato tra 453-457. Sul luogo in cui venne posta la sua tomba, venne eretta una chiesa e costruito un monastero attorno al quale si sviluppò la città di San Filippo d’Agira, nome rimasto immutato fino al 1939, quando fu chiamata solo Agira. Questa città, nella quale ogni anno il 12 maggio si svolge la processione dei ceri accesi come ringraziamento delle grazie ricevute, oltre alle ossa del Santo sono custodite due statue a mezzo busto: una in cartapesta e l’altra interamente in argento.
Recenti studi condotti da esperti agiografi su atti custoditi nell'Archivio Vaticano e nell'abbazia di Agira sembrano smentire la collocazione storica fornita dalle cronache di Eusebio ed Atanasio e collocano il santo nel VII secolo. Tali studi inoltre smentirebbero anche il passaggio da Calatabiano del Santo che sarebbe giunto in Sicilia per annunciare il Vangelo e sfuggire alle condizione estremamente inospitali della propria terra sita in Medio Oriente.
Culto a Castiglione di Sicilia
Il culto di san Filippo d'Agira è molto radicato anche in alcuni Comuni del territorio etneo. A Castiglione di Sicilia, come si dirà più avanti, tale culto sembra risentire della devozione verso il Santo che un tempo si teneva nella contrada di Castrorao ove oggi sono visibili i ruderi di quella che fu l'antica chiesa di San Filippo costruita nel luogo in cui, secondo la tradizione orale, dimorò il Santo. Successiva, è la chiesetta di Santa Domenica, anch'essa in rovina, in cui si amministrava il culto della contrada agricola che, nel 1818, fu definitivamente annessa a Castiglione.
All'interno del Castello di Castiglione, conosciuto anche come Castrum Leonis, si trovano le rovine di un'antica chiesetta rupestre dedicata a Santa Barbara. Il piccolo edificio sacro, che probabilmente reappresenta la primitiva costruzione su cui si sviluppò il castello, pare che in origine fosse una laura di eremiti. Secondo la tradizione, quando san Filippo giunse in Sicilia, prima di arrivare ad Agira passò da Castiglione e dopo aver scacciato molti demoni che tormentavano gli abitanti del borgo, celebrò l'Eucaristica proprio nella chiesetta di Santa Barbara. A ricordo di questo evento, all'interno del castello, venne costruita una cappella in suo onore nella quale recentemente è stata scoperta una tomba di cui non si conosce l'identità delle spoglie che custodiva, databile intorno al VI secolo d.C.
Tale datazione conduce a collocare la costruzione della chiesa in epoca bizantina.
Culto a Linguaglossa
A Linguaglossa, all’interno della chiesa di San Francesco di Paola, è presente un altare dedicato al Santo che custodisce una statua di autore ignoto in cartapesta e legno della fine del Settecento. L'opera presenta diversi elementi in comune con i simulacri presenti nella provincia di Messina in quanto Linguaglossa, prima di appertenere alla Diocesi di Acireale, faceva parte di quella di Messina. L'incarnato scuro del simulacro ha portato a volte a identificare, erroneamente, la statua con San Calogero, il cui culto è ben radicto nell'agrigentino ma quasi del tutto assente nella zona etnea. Calogero che fu eremita è solitamente ritratto in abiti basiliani e con i simboli iconografici del bastone e della cerva mentre la nostra statua, oltre ad indossare abiti sacerdotali presenta la tipica postura dell'esorcista. Dall'agiogradia di san Filippo sappiamo, infatti, che il Santo fu un sacerdote esorcista, peculiarità che viene confermata anche dal libro che reca, in lingua greca e latina, l'antica formula liturgica degli esorcismi: "Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale". Ritroviamo san Filippo anche nell'affresco l'Apoteosi di San Francesco di Paola situato sulla volta della navata centrale. Il titolare della chiesa, che ormai si trova nella gloria dei cieli, è ritratto a cospetta della santissima Trinità, di san Giovanni Battista, san Giuseppe e la Vergine Maria. Assistono alla scena Santi e Sante tra i quali è visibile anche San Filippo d'Agira riconoscibile dal suo incarnato scuro. Dai documenti d'archivio apprendiamo che fino agli anni trenta del Novecento sa Filippo veniva festeggiato in questa chiesa anche con una processione, tradizione ormai caduta in disuso.
Culto a Calatabiano
Secondo l’agiografia del Santo dopo essere sbarcato a Messina ed aver evangelizzato le popolazioni di queste zone della Sicilia giunse anche a Calatabiano dove operò molti esorcismi e liberò molti indemoniati. Sempre secondo il racconto agiografico, genere letterario che di norma viene arricchito di elementi leggendari spesso privi di attendibilità storica, quando il Santo si trovava in questo luogo fu sfidato dal diavolo che conoscendo le sue straordinarie doti nello sconfiggere il male, lo legò con possenti catene. Filippo riuscì a liberarsi con estrema facilità mentre il diavolo legato solo con un filo di barba del Santo, rimase fermamente imprigionato. Filippo allora inseguì Satana fino all’inferno. La fuliggine di questo luogo sporcò il suo viso che diventò totalmente nero. Questa sarebbe la ragione per cui Filippo nelle zone dell’Etna, considerata nel Medioevo la sede dell’Inferno, viene ritratto con un incarnato scuro o addirittura moro, anche se, più verosimilmente, il colorito della sua carnagione può essere ricondotto alla sua origine siriaca.
L’iconografia tradizionale invece lo ritrae di carnagione chiara, con la barba, benedicente, in abiti sacerdotali secondo la foggia latina o orientale, nell’atto di combattere con il demonio, spesso rappresentato sotto forma di drago. Dall’ VIII fino al XVI secolo, San Filippo veniva festeggiato con grande intensità nella vallata di Castrorao, in una borgata denominata contrada San Filippo. In questo luogo situato tra il territorio di Castiglione e il territorio di Calatabiano, venne costruita una chiesetta che doveva custodire il simulacro del Santo. Realizzato in cartapesta e con il viso di colorito nero, presentava, nei quattro lati della base, la lotta condotta da Filippo contro Satana. Il giorno della festa giungevano nella vallata gli abitanti dei paesi vicini, pellegrini che arrivano anche da lontano per chiedere grazie al Santo ma nache gente dedita al commercio che vedeva nella festa una buona occasione per vendere animali e mercanzie varie. I festeggiamenti si svolsero fino al 1544, quando i pirati di Draut piombando sulla festa, fecero un massacro. La statua del Santo allora fu trasferita a Castrorao e custodita in una chiesetta del XVI secolo dove si continuò a praticare il culto di San Filippo senza festa esterna e a celebrare la messa la domenica. Nel 1545, Ferdinando Gravina, trasferì la festa di San Filippo al castello di Calatabiano e fece realizzare una nuova statua, sempre in cartapesta, del tutto simile a quella precedente che fu collocata in una nicchia laterale della chiesa del Santissimo Crocifisso. La chiesa costruita nel 1484 per volere del nobile di origine catalana Giovanni Cruyllas, prende il nome dal culto verso il Santissimo Crocifisso sviluppato intorno al prezioso Crocifisso ligneo di Giovanni Salvo d’Antonio, nipote di Antonello da Messina, oggi custodito nella chiesa Madre di Santissima Maria Annunziata di Calatabiano. L’edificio in stile tardo gotico presenta una pianta rettangolare mentre gli ingressi, decorati con foglie d'acanto e margherite intracciate a piccole colonne, rivelano l'influsso dell'arte catalana. All'interno, sul lato sinistrao, subito dopo la cappella che custodisce un antico affresco della Madonna della Catena, si trova la nicchia dove è custodito il simulacro di San Filippo. La chiesa del Santissimo Crocifisso è il luogo di partenza della spettacolare "calata".
Festa a Calatabiano
Sin da quando la festa del Santo è stata trasferita al castello di Calatabiano la terza domenica di maggio, il venerdì e il sabato precedenti, con grande devozione e intensità si rende omaggio a San Filippo. Momento particolarmente emozionante, dove devozione e folklore toccano il loro culmine, è la famosa "calata" del fercolo al fianco della collina del Castello dove è situata la chiesa che per tutto l’anno custodisce il simulacro del Santo. I festeggiamenti hanno inizio di buon ora, quando devoti e fedeli si ritrovano nella chiesa del Santissimo Crocifisso per assistere alla celebrazione eucaristica e alla vestizione di San Filippo con i fiori. Questo compito spetta alle donne che all’alba del sabato, si recano nella chiesetta per ornare il fercolo del Santo con fiori che alla fine della festa vengono donati ai devoti in quanto benedetti. Nel pomeriggio, prima della “calata” si svolge il corteo storico che, in abiti d’epoca rende omaggio alla famiglia dei Cruyllas, che portò il castello al massimo splendore. Un’ora dopo l’arrivo del corteo alla chiesa madre, ha inizio la “calata” annunciata da tre spari di cannone. Il fercolo portato a spalla da quaranta impavidi devoti, lascia la chiesa del Santissimo Crocifisso ed inizia una spettacolare corsa attraverso un accidentato sentiero di gradoni di pietra bianca. In pochissimi minuti, a ricordo della velocità con cui Filippo conduceva la sua lotta contro il demonio, la Vara, cioè il fercolo con il simulacro del Santo, giunge alla chiesa madre di Calatabiano. La quarta domenica del mese si svolge “ l’Acchianata” cioè la salita durante la quale il simulacro di San Filippo, viene riportato alla chiesa del Santissimo Crocifisso. Partecipano alla salita le persone che aspirano a fare la “calata”: solo coloro che per sei anni consecutivi partecipano “all‘Acchianata” possono poi prendere parte alla calata. I portatori del fercolo portano legato al collo un fazzoletto rosso, una maglia, il cui colore cambia di anno in anno e in testa tre fili intrecciati di colore verde, rosso e giallo che ricordano i fili di barba con cui Filippo legò Satana.
Culto ad Aci San Filippo
Ad Aci San Filippo, il Santo di Agira viene festeggiato con grande solennità. È da escludere che il nome della località sia legato al passaggio del Santo in questo luogo mentre appare più verosimile l’ipotesi che sia legato al culto molto diffuso in tutta la Sicilia durante il Medioevo. Si può anche supporre che la borgata abbia preso il nome di San Filippo di Carcina con la ritrovata libertà religiosa avuta dopo l’espulsione dei Saraceni. Lo sviluppo della borgata, avvenuto tra il XIII e il XIV secolo, che si impose sulle altre presenti nella terra d’Aci, è legata alla fondazione della chiesa dedicata proprio a San Filippo. Non esistono notizie certe riguardo la fondazione, ma sappiamo che intorno alla prima metà del 1400, la chiesa di San Filippo di Carcina, si impone per importanza sulle altre chiese rurali di Aci. L’istituzione della collegiata di Santa Maria dell’Elemosina di Catania con la Bolla del 31 marzo 1446 di Eugenio IV, fornisce notizie certe sulla nostra chiesa. Per provvedere alle prebende di ventidue canonici vennero utiliz-zate le rendite delle chiese sacramentali del circondario tra cui quella di San Filippo di Carcina. Nel 1570, il vescovo di Catania, mons. Antonio Faraone, concedeva alla chiesa il privilegio di portare in processione la statua del Santo e poneva a capo delle chiese sacramentali filiali di Santa Caterina in contrada dei Cavallari, San Michele in contrada Gambini, Santa Maria dei Miracoli, in contrada Musumeci, nell’amministrazione dei Sacramenti, la chiesa di San Filippo. Si trattava di un riconoscimento spirituale e morale che elevavano, la chiesa a Matrice, facendola diventare la Ecclesia Majuri di Aquilia. Il terremoto del 1693, provocò gravi danni che imposero imponenti lavori di restauro. Sul prospetto realizzato in pietra bianca di Siracusa tra il 1777 e il 1783, trova posto la lapide con scritto D. O. M. TOTIUS ACIS MATER ET CAPUT che ricorda la primazia religiosa della chiesa su quelle di Aci. L’interno dell’edificio sacro a tre navate, custodisce diverse opere legate al culto di San Filippo. Alla fine della navata destra è collocata la cappella di San Filippo circoscritta da una balaustrata disegnata nel 1764 da Francesco Battaglia, architetto che realizzò il disegno della facciata della chiesa e posta in opera nel 1822. Nella parte sovrastante l’altare, disegnato nel 1952 dal pittore Francesco Patanè, si trova la nicchia che custodisce la cinquecentesca statua di San Filippo. L’opera di autore ignoto, ritrae il titolare della chiesa con il volto di carnagione chiara incorniciato da una folta barba e con preziosi abiti sacerdotale in argento e rame del XVII secolo. Nella parete destra della cappella, trova posto la tela di San Filippo in gloria attribuita al pittore acese Pietro Paolo Vasta che ritrae il Santo con dei preziosi paramenti sacri di colore rosso, nella gloria dei cieli, circondato da schiere di angeli. La chiesa custodisce anche il reliquiario a braccio d’argento realizzato nel 1753 dall’orefice Barlotta di Catania che contiene la preziosa reliquia del Santo patrono.
Festa ad Aci San Filippo
Il dodici maggio di ogni anno Aci San Filippo festeggia solennemente il suo Santo Patrono. Da un documento conservato nell’archivio parrocchiale sappiamo che nel 1570, il vescovo di Catania, mons. Faraone concesse il "privilegio della festa del glorioso San Filippo Patrono di questa città di Jaci". Sempre da documenti contenuti nell’archivio parrocchiale, apprendiamo che, nei primi anni del Seicento la festa di San Filippo d’Agira, cadde in disuso per lasciare posto l'1 maggio ai festeggiamenti solenni in onore dei gloriosi apostoli Filippo e Giacomo. Nei primi anni del Settecento, la festa di San Filippo siriaco, sembrava essere del tutto dimenticata ma nella seconda metà del secolo tornò ad essere celebrata con grande solennità il 12 maggio. In passato il Santo veniva festeggiato anche a settembre e a febbraio. Nel Settecento esisteva l’usanza di festeggiare San Filippo, insieme ai due Apostoli la prima domenica di settembre in occasione del ritorno dei “massari” dal lavoro dei campi dalla Piana di Catania. Questa usanza dopo la seconda guerra mondiale è caduta in disuso. A febbraio, ancora oggi si continua a ringraziare San Filippo per aver protetto Aci San Filippo dalla violenza del terremoto avvenuto il 20 febbraio del 1818. Grazie alla generosità di un devoto del Santo, nel 2005, è stato realizzato un artistico fercolo su cui il simulacro di San Filippo viene portato in processione. L’impianto colonnare e l’assetto a tempietto del fercolo di Sant’Agata, hanno ispirato gli argentieri Benedetto Gerlandi di Palermo e il figlio Mauro che hanno realizzato le parti in bronzo e metallo, che rivestono la struttura lignea, realizzata dalla ditta Sebastiano Grasso di Aci Sant’Antonio.
Testi: Anna e Maria Coco